IL MESSAGGERO ANDREBBE VENDUTO IN UNA COMODA VERSIONE A ROTOLI

Il quotidiano della famiglia Caltagirone muove l’ennesimo penoso attacco alle realtà sociali romane. Lanciando una serie di accuse a casaccio su un gruppo di occupazioni a scopo sociale, che si trovano in condizioni legali differenti, si sviluppa una lista di proscrizione (ormai è schifosamente di moda fare liste sui giornali) di spazi e centri sociali considerati addirittura “Intoccabili”. Considerando troppo corta la lista di occupazioni da sgomberare a Roma emessa dalla prefettura pochi giorni fa, minacciando che anche se non siamo stati indicati direttamente potremmo (e forse dovremmo?) essere comunque sgomberati poiché sono stati “inseriti nuovi criteri che potrebbero ribaltare il quadro: vanno liberati in via prioritaria anche gli stabili dove c’è «svolgimento di attività ludiche e commerciali che presuppongono il rilascio di titoli di natura abilitativa come licenze e autorizzazioni» o si verifica «l’effettuazione di riunioni o attività associative per le quali sono richieste specifiche misure di sicurezza»”.
Vorremmo capire cosa c’entriamo noi con tutto questo, visto che ormai da anni svolgiamo solo attività associative a costo zero per gli utenti (sportello sociale, scuola di italiano per migranti, raccolta di abbigliamento e generi di prima necessità per i bisognosi, etc.) o che non richiedono nessuna particolare abilitazione (la palestra popolare, nella quale hanno avuto luogo sempre e solo corsi regolarmente affiliati ai relativi enti sportivi, da più di vent’anni). Inoltre, in questi anni siamo stati promotori di decine di manifestazioni, assemblee, meeting, incontri e webinar sul tema dei “Beni Comuni”, con la partecipazione di altrettanti politici, amministratori, funzionari, giornalisti, attivisti, magistrati, rappresentanti di fondazioni e associazioni, di tutto il territorio nazionale. Abbiamo partecipato attivamente alla battaglia contro il regolamento della giunta Raggi alla delibera 140, diffidandola per vie legali dal proseguire quel lavoro in quei termini. Grandi risultati se sei un piccolo collettivo di periferia. Ma le accuse di essere degli intoccabili non si limitano a questo.
La famiglia di potenti editori stavolta ha lasciato il compito di organizzare la gogna mediatica ad una penna di eccellenza a quanto sembra (ma forse anche a più di una visto il tenore di alcuni articoli degli ultimi giorni 1,2,3), il quale fa uno scoop incredibile che cambierà per sempre il mondo del giornalismo ed è forse prossimo al Premio Pulitzer per tale impresa.
Reggetevi forte: noi al Corto Circuito non paghiamo le TASSE!!!
Eh già, secondo chi scrive l’articolo saremmo in debito con l’erario per un mancato mancato pagamento di fantomatiche e non meglio identificate “tasse”. Già da questa bambinesca affermazione si evincono una serie di dati semplici:
• chi scrive non è minimamente a conoscenza della nostra situazione
• chi scrive non ha alcuna capacità di compilare un CUD
• chi scrive non si è minimamente degnato di chiamare nemmeno una delle realtà delle quali sta parlando, per un confronto sul tema
• chi pubblica è convinto di essere detentore di una serie di verità superiori, per le quali ciò che scrive è avvolto da mistica sacralità ed è quindi portatore di una giustizia sociale totalizzante che non richiede né domanda né conferma: una visione tipica del corporativismo più feroce e dell’editoria di regime
Noi non sappiamo dirvi di cosa si stia parlando nell’articolo perché sia noi, che tutte le realtà che associative che si trovano all’interno del Corto Circuito, le “tasse” le pagano eccome. Quando l’agenzia delle entrate è venuta a controllare l’attività della palestra popolare ad esempio, non ha trovato nessuna irregolarità, rilasciandocene regolare documentazione. Nessuna associazione che ha utilizzato gli spazi del Corto ha mai avuto nessun problema con l’Agenzia delle Entrate, comprese quelle che negli anni hanno gestito l’osteria popolare, chiusa ormai da anni. Abbiamo tonnellate di carta e documenti per dimostrarlo, se l’autore che scrive queste stupidaggini vuole venire a leggerla. Ma non lo farà poiché, usando le parole di Confucio, sapere ciò che è giusto e non farlo è la peggiore vigliaccheria. E il suo articolo ne è dimostrazione.
Eppure possiamo provare ad intuire a cosa si stia riferendo il nostro sagace scrittore: si riferisce forse al debito con l’amministrazione comunale, del mancato pagamento del canone di affitto dell’area del Corto Circuito? Forse. Ma se l’intrepido letterato avesse avuto magari la decenza di seguire almeno uno di quelle decine di incontri, webinar, etc., forse saprebbe come stanno le cose.
Saprebbe che quel canone, il quale ammonta ormai quasi alla tragicomica cifra di 1 MILIONE DI €, è un debito illegittimo calcolato su non si sa quale concordato o su quali basi o valutazioni degli immobili, mai stipulato da nessuno, mai confermato da nessun tribunale, figlio di un’idea di “valorizzazione economica del patrimonio di Roma Capitale”: un conteggio malato effettuato da un’amministrazione impazzita (la giunta Marino) per la messa in ordine dei conti in stile austerity, confermato nelle azioni del commissario Tronca che ha perseguito la linea della “tolleranza zero”. Soprattutto è un debito che non verrà mai pagato, semplicemente perché è impossibile pagarlo, quindi serve solo a creare questa condizione di inagibilità per la nostra realtà. Ma ancor più grave è ciò che quel debito rappresenta, svalutando più di trent’anni di esperienze, comitati territoriali, politiche partecipative, inclusione sociale e, non ultimi, i tanti lavori eseguiti, la manutenzione e le ricostruzioni effettuate a nostre spese di immobili abbandonati dalle amministrazioni.
Per farla breve, se quel debito fosse legittimo, vorrebbe dire che non c’è nessun valore sociale da attribuire al Corto Circuito. Lo consideriamo semplicemente assurdo e rigettiamo tutte le accuse del quotidiano romano, riservandoci di agire a riguardo anche in base alle valutazioni dei nostri legali. Per finire con quanto ci riguarda, vorremmo far sapere che il Corto Circuito non è mai stato sgomberato e mai ri-occupato, l’associazione Rosso 2000 che gestisce lo spazio dal ‘90 e come legittima pre-assegnataria dal ‘96 (anche perché sennò con quale faccia ci verrebbero chiesti dei soldi, no?) non si è mai mossa, come anche la palestra popolare, ed al suo interno si trovano ancora occupanti del primo giorno. I sequestri per abuso edilizio, subiti nel 2016, sono oggetto di processo legale nel quale i nostri avvocati ci stanno difendendo egregiamente, ai quali rinnoviamo la nostra grande stima e fiducia.
L’articolo cita circa una decina di spazi oltre noi, a quanto sembra altrettanto colpevoli di fare socialità e cercare di finanziare le loro iniziative attraverso altre iniziative, molti dei quali in estrema periferia come noi. Anche se non conosciamo ogni singolo caso nella sua peculiarità, sappiamo comunque che il valore sociale e culturale portato nei territori d’appartenenza è fondamentale e imprescindibile, spesso anche legato ad un valore storico che ha le sue radici accanto a quelle della nascita della seconda Repubblica. Abbiamo attraversato il tempo e la lotta accanto a molti di quelli che il Messaggero definisce sovversivi, rigurgiti, evasori, alternativi e debitori: per quanto ci riguarda ne siamo onorati. Per ognuna di queste realtà esprimiamo la nostra solidarietà, la nostra vicinanza e la disponibilità a partecipare attivamente ad un’azione concordata utile a rispondere a quest’ennesimo affronto.